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Architetti

ALBERTO CATALANO & PARNERS
Architecture & Design
GIULIA IURCOTTA   Scheda progettista
Lo studio, che è nato alla fine del 2010, si è formato dalla divisione in due rami della società d'ingegneria Teknoarch, che Alberto Catalano ha fondato e diretto per sette anni, da cui provengono anche Giulia Iurcotta ed Ivan Pavlovic. Le nostre esperienze sono quindi, ad esclusione dei più recenti lavori, sovrapponibili. Ha progettato e realizzato nel corso di questi anni, molti edifici pubblici che comprendono l'edilizia universitaria, edifici per la cultura e lo spettacolo, edilizia residenziale.

Tra i più importanti: il Politecnico alla Bovisa di Milano, i Laboratori tecnologici dell'Università di Genova agli Erzelli, gli headquarters e Studios di Telelombardia a Milano, gli interventi abitativi in via Barzoni e in via Merezzate a Milano e a Garbagnate Milanese. Nel 2009 lo studio vince il Concorso internazionale per la realizzazione dell'House of Art and Culture Di Beirut, giunto oggi alla fase di progettazione esecutiva. Ha svolto servizi di progettazione coprendo l'intero arco delle prestazioni dalla fase di concetto a quella di cantiere, esercitando inoltre l'attività di coordinamento per i progetti più grandi e complessi.

Ha lavorato in partnership con importanti studi di architettura: Mario Bellini architects (Università Erzelli) ; Studio Paolo Caputo (Politecnico Milano); Pierluigi Cerri (Triennale Bovisa). Per lo sviluppo di questi progetti lo studio si è avvalso in outsourcing di una serie di consulenti specialisti, con i quali ha costruito una vasta rete , importante riferimento anche sul piano della ricerca.
Tra i committenti principali: EuroMilano Spa; Politecnico Milano; Aler Milano; Ministero della Cultura Libanese. Per la costruzione lo studio ha collaborato con primarie imprese edili quali: Italiana Costruzioni; Zoppoli & Pulcher; Cesi; Maltauro.
Per iniziare abbiamo descritto la nostra attività, partendo dai dati oggettivi, ovvero i lavori svolti, i clienti, l'organizzazione tecnica del lavoro.

Questi fatti sono molto importanti perché forniscono informazioni generali sulle nostre capacità e sugli ambiti progettuali nei quali abbiamo maturato maggior esperienza, ma dicono poco su come il nostro lavoro potrà evolversi in futuro.
Primo, perché avendo iniziato una nuova fase, abbiamo di fatto un'aspirazione al cambiamento. Secondo, perché la crescita dello studio e l'acquisizione dei progetti è la conseguenza di una serie intrecciata di eventi, non sempre motivati e spiegabili in relazione ad un preciso e ben strutturato piano di sviluppo.

Ogni progetto di trasformazione si basa su temi e ipotesi che nascono da esigenze presenti ma proiettate in un futuro più o meno vicino. L'esito del nostro lavoro, secondo questi criteri, è direttamente proporzionale alla nostra capacità d'intravvedere e anticipare nuovi assetti, nuovi sviluppi (ad es. in ambito tecnologico) nuovi scenari politici e sociali. In quest'ottica l'architettura ha il compito d'immaginare in che modo i contesti urbani dovranno non solo adattarsi, ma contribuire attivamente alla costruzione del futuro.

Un progetto di architettura è tanto più significativo quanto più è immerso nei temi generali di trasformazione dell'ambiente umano. Tuttavia, ed è questa la grande contraddizione con cui dobbiamo confrontarci, se cerchiamo conferme di questa teoria nella storia delle città, scopriamo che quest'aspirazione a "cambiare il mondo" non si è mai realizzata nei modi immaginati dagli architetti. La storia dell'umanità ci ha sempre sorpreso con la sua imprevedibilità che nessuno è stato in grado di presagire nei tempi e nei modi in cui si è manifestata, nonostante a posteriori gli storici abbiano cercato di rintracciare e spiegarcene le cause. Potremmo fare mille esempi di come molta architettura sia nata da un'errata valutazione della sua idea di futuro.

Le città ideali si sono concretizzate solo come frammenti nelle città reali. Spesso possiamo constatare che più forte è stata la carica ideologica dell'architettura tanto più questa è rapidamente e pateticamente invecchiata. Architetture pensate per esprimere i "tempi nuovi" si sono rivelate come l'espressione della decadenza delle fasi precedenti. Il "canto del cigno"è stato spesso confuso con "il sol dell'avvenire" (Anche se da questo errore sono nate opere di struggente poesia).

L'architettura alla quale aspiriamo è quella che nasce dalla consapevolezza dei suoi limiti, che accetta i vincoli e i condizionamenti, che accetta di confrontarsi con il mondo reale, interpretando il contesto , ipotizzando soluzioni ai temi urbani e aderendo al programma dell'edificio.
Questo non necessariamente genera risposte conformi e in continuità con lo stato di cose, ma può esprimere posizioni che si pongono in contrasto critico rispetto alle condizioni di partenza. Riteniamo inoltre vitale l'incontro con altre discipline.

Non sono pochi i casi in cui la scena urbana, come in qualche film di fantascienza assomiglia a quel Futuro, diventato ormai Passato, senza essere stato mai Presente.

La contaminazione genera idee eccentriche e antidogmatiche. Una visione empiristica che rifiuta quindi modelli a priori e teorie generali deterministiche. La forma è una conseguenza delle idee e frutto di un percorso progettuale, quindi un fine e non un mezzo. Ogni nostro lavoro inizia con una lista, dove sono raccolti paratatticamente: i dati, i temi, i problemi, i vincoli, i riferimenti, le cose che vanno fatte, le foto; una lista aperta dove trova posto tutto quanto ci venga in mente, senza censure a priori, tranne quelle inconsce.

Tutto questo prende forma fisica man mano sulle pareti del nostro studio, come un arazzo informale. E' molto efficace contemplare anche la possibilità, d'inserire idee grezze suggerite da altri in questi elenchi. Anche il caso o l' elemento estraneo, devono essere lasciati agire nello sviluppo di un progetto. Questa lateralità del pensiero attinge alle nostre profondità.
Cerchiamo di rimandare le scelte quanto più in la ci è possibile, dopo aver assimilato questo mondo di riferimenti, che in un preciso momento trova una sintesi attraverso un'idea, spesso improvvisa. Da questo punto in poi tutti questi contenuti messi insieme alla rinfusa, cominciano a trovare un ordine, una gerarchia, sotto una luce diversa, illuminata od oscurata (a piacere) dal fare. L'idea, da una parte conduce alla ricerca di soluzioni pratiche ai temi progettuali, dall'altra introduce l'elemento espressivo e affabulatorio, che usa per narrare il linguaggio astratto, allusivo e simbolico dell'architettura.
Punta, prima ancora che sull'intelletto, ad agire sul piano sensitivo più intimo e primordiale quello tattile e propriocettivo.

L'architettura costruita comunica attraverso la natura delle forme e la successione degli spazi, coppie di opposizioni fisiche e mentali quali: apertura/chiusura; collegamento/divisione; dimensione umana/sovrumana; proporzione/sproporzione; naturale/artificiale; ritmo/aritmia; equilibrio/disequilibrio; agio/disagio; amplio/angusto; comodo/scomodo; utile/inutile; permeabile/inaccessibile; forte/fragile; leggero/pesante; sotterraneo/alla luce del sole; nuovo/obsoleto...






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